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Skies of America: Ornette Coleman Quartet & Orchestra "Manzoni"

Da tanti anni ormai Ornette Coleman continua a rimodellare il volto della sua musica, dal famoso album "Free Jazz" del 1960 sino ad oggi, con "Sound Grammar". L'idea dell'"armolodia" è lo scheletro di tutta la sua produzione artistica; spiegata da lui stesso sempre in modi diversi, essa è la libertà da schemi armonici già dati, in favore della totale libertà improvvisazione.
L'opera che, a buon diritto, lo fa figurare tra i grandi compositori del '900 è Skies of America, per quartetto e orchestra, in passato raramente eseguita a causa della complessità di esecuzione, ma rappresentata a Bologna grazie ad Angelica, che ha curato l'organizzazione di una serie di eventi dedicati ad Ornette, tra cui tre concerti, un convegno e una proiezione cinematografica.

Il concerto ha inizio. L'orchestra e il quartetto si alternano, unico legame l'improvvisazione di Coleman, che scambia temi con l'orchestra e accenti con suo figlio Denardo. Il suono caldo di Falanga si intreccia con quello di McDowell, che, sostituto di Greg Cohen, raggiunge un intesa perfetta col contrabbassista. Insieme "costruiscono" al momento la struttura armonica attorno alla libera improvvisazione di Coleman: fantastico!!!
Purtroppo però, sin dall’inizio è evidente che l’Orchestra non è adatta ad un simile genere e molti dei musicisti non rendono giustizia agli arrangiamenti del sassofonista. I più versatili, pur riuscendo a piegarsi al genere, ostentano un po’ d’indignazione. Chi invece sembra aver veramente assorbito l’anima della musica di Coleman è il timpanista, che suona meravigliosamente. Durante i primi tre quarti il concerto è abbastanza noioso, ma poi, improvvisamente, l’orchestra, probabilmente bisognosa di un rodaggio, inizia ad interpretare molto meglio e un sorriso del compositore marca l'inizio della parte più bella e interessante del concerto: Coleman, rinunciando per stavolta al violino e alla tromba, che rimangono tra le mani del suo assistente, sfoggia il suono pazzesco con cui ci ha sempre viziato e tutta l’espressività di cui è capace, e questo turbine di bellezza si trascina nel bis del classico del suo repertorio, Lonely Woman. Il caloroso pubblisco di Bologna applaude e Coleman infrange si dilunga, stringendo la mano a tutti i musicisti dell'orchestra.

Dario Fariello