Atti e Conegni

Il Concerto op. 3
per contrabbasso e orchestra
di Serge Koussevitzky

Seminario di analisi tenuto l’8 gennaio 2003 presso il Conservatorio di Musica di Fermo per il progetto ‘Isaia Billè’

La forma

Lo spartito per contrabbasso e pianoforte del Concerto op. 3 in fa# minore composto nel 1905 da Serge Koussevitzky è l’unica versione originale fino ad oggi conosciuta dell’opera. Essa appare, sin da una preliminare lettura, come una sorta di work in progress, una prima bozza preparata dal compositore, mai più definita e, successivamente, orchestrata in diverse versioni per mano di altri autori.
Elemento fondamentale del generale aspetto d’incompiutezza della composizione è senz’altro l’inedita e inaudita ripresa - integrale per 49 misure, poi variata - del primo movimento del Concerto, riutilizzato (si direbbe riciclato) come terzo. Ciò non ha precedenti in tutta la storia della forma del concerto solistico ed è, formalmente parlando, quasi un’aberrazione, nel senso letterale del termine di sconcertante e disordinata deviazione, travisamento.
Secondo una personale interpretazione, il fenomeno sembra potersi inquadrare nell’intento dell’autore di costruire una sorta di breve forma ciclica, piuttosto che la classica struttura tripartita, sulla scia dei grandi autori tardo-romantici, Franck, Liszt, Ciaikovski, ad esempio, ma soprattutto Dvoràk del quale Koussevitzky riprende palesemente il tema dell’ultimo movimento della celebre IX Sinfonia op. 95 in mi minore cosiddetta «Dal nuovo mondo» (composta in America qualche anno prima, nel 1893) per la composizione del motivo introduttivo del pianoforte (i) e del tema principale (T1).

Non esiste nel Concerto una vera e propria separazione dei tre movimenti, in base al tradizionale assetto strutturale: tra il primo e il secondo Koussevitzky sembra, ad esempio, evitare la soluzione di continuità, anzi prepara addirittura l’introduzione dell’Andante nelle due ultime misure dell’Allegro iniziale, il quale termina in sospensione su un accordo coronato di settima (in realtà una sesta eccedente tedesca, se più correttamente scritta con si# invece di do), e risulta quindi privo di una vera e propria conclusione, manca, infatti, la cadenza solistica tradizionale e la conseguente coda orchestrale. A conforto della tesi formale ciclica numerose sono le ricorrenze motiviche fra le tre sezioni del Concerto: la terza parte conclude con il tema dell’Andante (T2) variato - e correttamente acefalo - con funzione di coda, riprendendo tra l’altro al pianoforte la figura puntata della sua breve introduzione accordale; inoltre, lo stesso elemento (s) dell’Andante – sorta di motivo suspirans derivato dal tema (T2) - viene anticipato dal contrabbasso nel 2° solo conclusivo dell’Allegro (a m. 140).

All’interno poi del primo e del terzo movimento risultano assenti i principi strutturali fondamentali della forma-sonata: sostanzialmente monotematici, essi sono privi di un proprio sviluppo e soprattutto mancano della ripresa, mentre, in tal senso, potrebbe intendersi proprio l’aberrazione formale sopra evidenziata.
Il tema (T1), in entrambi, è affidato esclusivamente al contrabbasso, mentre la sua forma introduttiva (i) è sempre soltanto assegnata al pianoforte (quindi all’orchestra), senza che tra loro si svolga un vero e proprio dialogo concertante, così da relegare il pianoforte al semplice ruolo di accompagnamento. Più importante appare invece la sua funzione formale nell’Andante, dove esso scambia con il solista l’elemento (s) e presenta il tema (T2) sia in coda all’esposizione (a m. 26, prima del solo) che in funzione riconduttiva (variato, a m. 49) e nella ripresa (a m. 65, prima del contrabbasso). E’ ancora il pianoforte - come si diceva - a proporre il tema (T2) in coda al terzo movimento, nel tono della tonica ma di modo maggiore (FA#), ponendosi così in rapporto diretto con il tono di LA maggiore dell’Andante.

In ultima analisi, più che di un concerto in tre tempi, di cui il primo formalmente riferito alla sonata bitematica, si dovrebbe parlare di una sorta di ‘poemetto sinfonico’ in un unico movimento a struttura tripartita A-B-A’, concettualmente più vicino alla forma ciclica che non alla forma-sonata, dove il principio bitematico sarebbe eventualmente riscontrabile nei due temi (T1) dell’Allegro e (T2) dell’Andante. E’ indicativo, in tal senso, il fatto che Koussevitzky nel terzo movimento semplifichi la parte del contrabbasso, eliminando il primo dei due soli (m. 61), per poi aggiungere in coda il tema dell’Andante.
Ulteriore conferma della tesi ciclica è la struttura armonica piuttosto monotonale delle tre parti del concerto: la prima e la terza non si allontanano dalla tonica (fa#) se non per modulare alle vicine regioni della dominante (do#), della sottodominante (si), della Sopradominante (RE, ossia la sottodominante del tono relativo LA, a m. 45), della sottotonica (mi, ossia sottodominante della sottodominante, a m. 61), o della sopratonica (sol#, ossia dominante della dominante, a m. 101). L’Andante è pure ancorato nel tono parallelo maggiore della tonica (LA), che solo nella sezione centrale della sua breve struttura tripartita (a, b, a’) si porta alla regione della sua Sottodominante (RE, nel solo di m. 32), poi, in fase riconduttiva, anche brevemente nelle regioni minori di mi, fa# e si, e di nuovo a RE, per poi tornare, nella ripresa, alla tonica (LA).

Tav. I: Schema formale delle tre sezioni

Il tempo

Esiste una relazione precisa tra l’indicazione Alla breve ed il tempo Allegro iniziale del primo e terzo movimento. L’indicazione Alla breve designa un andamento piuttosto mosso in 2/2, ossia battuto in due movimenti alla minima (il cosiddetto tempo ‘tagliato’), tuttavia Koussevitzky non indica alcun cambiamento di tempo metronomico, di conseguenza andrebbe osservata l’identità di valore della semiminima tra le due sezioni, mentre è la stessa scrittura, a valori doppi, che realizza in Alla breve il carattere agitato ma cantabile - con sonorità p - del tema, anticipato nell’introduzione dal motivo (i), sintagma di natura vigorosa, dinamica e con intensità ff.
Il ritorno in 4/4 di m. 61 (nel 1° solo) indica soltanto la ripresa del tempo battuto in quattro (ma senza accelerare ne ritenere), come anche nel più vivo di m. 69, realizzato esclusivamente dalla scrittura che passa dalle terzine di crome alle quartine di semicrome. L’indicazione metronomica potrebbe oscillare tra 112 e 126 alla semiminima, ovvero 56-63 alla minima nella sezione Alla breve (la velocità suggerita potrebbe essere circa 120 alla semiminima, ossia minima=60 in Alla breve).
Il tempo della sezione centrale Andante è evidentemente suggerito dalla relazione tra la figura puntata (alla semiminima) delle due battute conclusive del primo movimento e quella d’accompagnamento (alla croma) che introduce il tema (T2). L’andamento non dovrebbe, quindi, essere troppo lento, trascinato (ad esempio, 92-96 circa alla semiminima).

La tecnica compositiva

Dal punto di vista tecnico compositivo, l’espressione melodica e il contenuto armonico d’indubbio interesse non sembrano supportati da una preparazione teorica altrettanto solida; certa «generica imperizia» cui accenna Arnold Schönberg a proposito di Koussevitzky, in una lettera al direttore d’orchestra Fritz Reiner dell’ottobre 1944, trapela dalle numerose, più o meno importanti, inesattezze nella scrittura.
Piuttosto discutibile appare, ad esempio, la configurazione metrica della figura introduttiva (i), che meglio sarebbe stato scrivere con inizio acefalo, piuttosto che in anacrusi, evitando così la correzione del tempo in 2/4 per la sola quarta misura, nuovamente mutato in 3/4, per poi tornare al metro iniziale. Perfino l’ulteriore modifica del tempo in 3/4 appare piuttosto inutile e difettosa, facilmente evitabile aggiungendo, ad esempio, alla fine di m. 5 le crome si# e do# e, prima del mi#, un re# (in questo modo evitando qualsiasi cambiamento di metro, sia alle iniziali mm. 4-6 che nella ripresa della figura (i) alle mm. 14-16), come nell’esempio seguente:

Altrettanto discutibile appare la scrittura delle tre misure introduttive dell’Andante: esse avrebbero dovuto avere inizio in anacrusi (con la croma puntata eventualmente posta sull’ultimo quarto della misura conclusiva del movimento precedente) e non con ritmo tetico. Immediatamente dopo, appare ancor più scorretta la configurazione metrica del tema stesso (T2), anch’esso tetico quando avrebbe dovuto essere acefalo (con inizio sul secondo quarto della misura), come confermato dalle successive ricorrenze dell’elemento (s) e dalla stessa ripresa del tema (T2) in coda al terzo movimento.
Ulteriori diverse imprecisioni di scrittura, od omissioni, riguardano il contesto armonico ed i segni di fraseggio.

Nel primo movimento:

  • i do bequadro dell’introduzione (mm. 1-5, come alle successive mm. 47 e 73) devono essere correttamente scritti come si# (IV grado alterato della tonica, accordo di sesta eccedente);
  • il sol bequadro di m. 28 deve essere scritto fa doppio#;
  • il fa# del contrabbasso nel 1° solo a m. 65 è più probabilmente un fa doppio#. Riguardo alle terzine di crome di questo 1° solo (lettera H, mm 61-68), si noti che nello spartito le note uguali sono tutte ribattute e non hanno legatura, se non quella di fraseggio (ogni sei crome), riferita naturalmente alle arcate. Soltanto nella parte staccata del contrabbasso esistono le legature di valore, aggiunte, a mio avviso, in modo arbitrario. Musicalmente, al tempo ‘appassionato’ di cui si diceva (circa 120 alla semiminima) e non troppo lento, le legature di valore produrrebbero certamente un pessimo risultato, mentre le note ribattute, non certo esasperandone lo staccato ma eseguite "non legate" (separate, tratteggiate) e con l'arco appoggiato alla corda, oltre a rispettare l’intenzione dell’autore sarebbero sicuramente di migliore effetto;
  • il fa bequadro di mm. 76, 131 e 139 deve essere scritto mi#, mentre il la è correttamente scritto sempre bequadro (il la# si trova solo nell’ultima croma del pianoforte a m. 131);
  • a m. 78 il re della mano destra del pianoforte è correttamente un do# ottavato;
  • a m. 112, il fa della mano sinistra del pianoforte va corretto con mi# (cfr. la mano destra) ed alla seguente m. 113 il sol(#) della mano sinistra è più probabilmente sol bequadro (settima diminuita su base la#, VII grado di si);
  • a m. 126 il do bequadro del pianoforte deve essere scritto si# come alla precedente m. 124 e successiva 127;
  • il re# a m. 136 ed il fa# a m. 138 del contrabbasso (nel 2° solo) devono essere corretti con bequadro;
  • alla m. 140, mentre le note del contrabbasso sono tutte giuste (note reali: fa#, la, do#, arpeggio di tonica fa#), l’armonia del pianoforte è piuttosto improbabile, dovendo essere la stessa (fa# in 1° rivolto) dell’ultima croma della misura precedente (almeno fino all’ultimo levare) e non quella del IV grado (si, re, fa#).
  • Nel secondo movimento:

  • a m. 21 il fa# (ultima croma) del contrabbasso deve essere bequadro (come nella mano destra del pianoforte), infatti nel punto corrispondente della ripresa, a m. 87, è scritto un mi#, che tuttavia va comunque corretto anch’esso come fa bequadro;
  • a m. 42 il sib del pianoforte è un la#;
  • il do bequadro del pianoforte a m. 50 è un si# (come per il contrabbasso);
  • alle mm. 57-58 tutte le note mi# devono essere corrette in fa bequadro (così come sono scritte – in chiave di basso - nelle seguenti mm. 58-59);
  • la m. 141 e la prima metà della 142 sono scritte in chiave di basso.
  • Nel terzo movimento (fino a m. 49 si vedano le correzioni del primo movimento):

  • a m. 33 il contrabbasso corregge il re# in re bequadro come nella prima parte;
  • a m. 78 il contrabbasso deve suonare mi# come il pianoforte.
  • In corrispondenza della lettera L, a m. 92, sarebbe opportuno aggiungere l’indicazione 4/4 (suddivisione in 4) a condizione che, però, si aggiunga anche un Alla breve (suddivisione in 2) alla lettera O (a m. 108). E' probabile che Koussevitzky abbia pensato di lasciare inalterato il tactus in 2 da m. 20 (una misura prima della lettera B) in avanti, dato che, riducendo la parte del solo alle uniche mm 92-107 e non modificando il metronomo, la questione avrebbe assunto un carattere di natura meramente teorica.

    Tav. II: Analisi motivica comparativa

    Mauro Ferrante