Intervista con François Rabbath

Qual' è stato il suo primo approccio alla musica e perché la scelta del contrabbasso? Con quale genere di musica ha esordito?

E’ una lunga storia e credo che ora in molti cominciano a conoscerla.
Mio padre era un direttore di banca. Dopo alcuni anni diventammo poveri e mio fratello maggiore decise di suonare nei club...; io ero molto piccolo, lui decise di lasciare la famiglia e suonava il violino. Eravamo 6 fratelli e 4 sorelle, tutti musicisti: il grande suonava il violino, un altro il piano. Un giorno mi dissero che avevano bisogno di un bassista: “Devi suonarlo tu! ”, e così ho incominciato. Avevo bisogno di andarmene e così scelsi il basso ...o lui scelse me !?!

All'inizio suonavamo jazz. Nei night club non suoni musica classica!
Così cominciai a pizzicare la corde, e dopo un po’ incominciai a chiedermi cosa stessi facendo mentre suonavo: “Questo è il ritmo, ma... quali note?".
Qualche volta le mie note corrispondevano ai bassi del piano; era un miracolo, una coincidenza!!!
Così decisi di imparare seriamente, tutto qui. Fu una necessità.

Come ha appreso la tecnica dell'arco?

E’ semplice: quando cominciai a suonare con mio fratello, mi interessai maggiormaete anche allo strumento. Quindi cercai qualcuno in grado di insegnarmi a suonarlo, ma sono nato in Siria e a quel tempo non avevamo i conservatori o professori, niente; alcuni nemmeno sapevano cosa fosse un contrabbasso…
Ero in un negozio un giorno e vidi un metodo per contrabbasso, fu un miracolo!
Se avessi chiesto di vendermelo, non lo avrebbero fatto. Era sistemato in una vetrina come un oggetto d’antiquariato, così lo rubai e me ne andai a casa.
Cominciai a dargli un’occhiata, scoprii le posizioni, le diteggiature e così mi costruii una nuova tecnica e scoprii l’arco. Per me era come un giocattolo, sperimentavo la tecnica dell’arco…mi ci sono voluti anni, è un lungo percorso. Ho 75 anni, puoi immaginare...

Quali sono stati i motivi del trasferimento a Parigi e come è stato il primo approccio alla capitale francese?

A Parigi?
Venni qui per andare al conservatorio ed incontrare Edouard Nanny: avevo cambiato tutte le diteggiature del suo metodo per semplificarle, avevo scoperto che le sue non erano molto logiche. Inoltre per ringraziarlo, per il suo insegnamento: lui non mi conosceva ma mi aveva insegnato attraverso il suo metodo. Per dirgli grazie avevo scritto delle correzioni al metodo secondo il mio modo, volevo dargli il mio lavoro come regalo in cambio dei suoi insegnamenti.
Questo è il motivo della mia venuta a Parigi.
Sfortunatamente, quando arrivai era giaàmorto…in un certo senso fu meglio così: se mi fossi presentato da lui a soli 24 anni per dirgli che il suo metodo non era corretto mi avrebbe ucciso.
Ero innocente ed ingenuo, volevo dargli il mio nuovo metodo in dono ma lui era morto e così si è salvato sia il mio metodo che il suo ego.
Arrivato a Parigi mi accorsi che non era facile vivere qua.
Venivo dal Libano, non ero francese: ogni tre mesi devi andare, chiedere i permessi..
Quando ero ancora in Libano incontrai Aznavour (Charles Aznavour) e mi vide suonare in un hotel.
Credo di averlo impressionato, stavo suonando con l’arco. Era un trio: piano, batteria e contrabbasso.
Quando si suonava dopo il cabaret facevamo jazz, ma prima suonavamo per le persona che stavano cenando, allora io prendevo il repertorio per violoncello o violino e lo suonavo sul contrabbasso.
Quindi lui si avvicinò e mi chiese di andare a trovarlo se mai fossi andato a Parigi… io.. mah?
Arrivammo a Parigi con i miei due fratelli e un giorno Aznavour ci vide lavorare con un altro cantante: ci ingaggiò e rimasi a lavorare con lui per 6 anni, qui a Parigi, e grazie a lui riuscimmo ad ottenere i permessi...
Ora sono qui.
Se fossi andato negli U.S.A. sarebbe stato successo immediato... ma qui... amo questa nazione, l’ho scelta io! Amo Parigi e non vivrei da nessun altra parte.

Innovazione e ricerca

Mentre studiavo contrabbasso sul metodo, gli spostamenti, tutte queste cose complicate, cominciai a fare delle semplificazioni: dopo un po’ realizzai che ad esempio in Do maggiore puoi fare centinaia di scale diverse.
Al tempo scoprii che se conosci un’unica strada tra due punti puoi fare unicamente tutto quello che quell’unica strada ti consente, le tue possibilità sono limitate a quell’unico tragitto. Se trovi altre strade, diteggiature, allora puoi fare una scelta, prendere quella migliore, la più giusta per una determinate frase musicale.
Più conosci più pensi e puoi preparare in anticipo il movimento delle dita, questo è molto importante per la musica.
La tecnica classica è una strada, è anche nel mio metodo perché io l’ho studiata: è una possibilità ma devi scoprirne a centinaia, è molto importante.
Per esempio, quando studiavo le suite di Bach ero costretto ad eseguire il portamento sulle suite, mi chiesi come potevo evitarlo, perché se non cambi l’arcata, ed esegui un legato su uno spostamento di posizione, suoni il portamento. Un giorno ero sulla spiaggia, vidi i granchi camminare nella loro maniera e capii. Tornai a casa - ero in campagna - e scrissi 23 pagine in un giorno e mezzo senza dormire, solo immaginando la mia mano - è nel 3° volume del metodo -, nessuno lo sa ma non importa. Il granchio funziona così: ti muovi sempre sicuro perché hai sempre un dito fermo, i movimenti e i salti sono meno sicuri, con il granchio funziona sempre, non cadi mai.
Lo potevo tener per me o scriverlo per farlo conoscere a tutti.
Molte persone arrivano da me e affermano che non hanno talento: chi lo dice?
Questo succede perché non conosci le possibilità per ottenere il risultato, ho scoperto centinaia di diverse possibilità e posso donarle.
Credo di aver aiutato molte persone con il mio metodo e ne sono fiero perché sono diventati i miei “figli”, la mia “famiglia”, in un certo senso, non il mio popolo, lo odierei questo: la mia famiglia, se aiuto loro aiuto me stesso.
E’ fantastico: quando doni, ricevi, se non doni, resti solo… E io non voglio morire solo, per questo dono!!!

Quanto è importante suonare in orchestra?

Questo è molto importante per tutti gli strumentisti.
La mia esperienza all’Operà di Parigi….
Avevo 50 anni quando feci il concorso per entrare, non ero giovane e quando hai alle spalle una carriera come solista, hai scritto dei metodi, fatto tanta esperienza, arrivi in orchestra e ti senti "nessuno”.
Mi dissi: “Io sono uno Stradivari”, e mi lasciai suonare dal direttore. Io non sono il tipo che vuole far sentire quello che sa fare, non metto la mia interpretazione, no: il direttore dirige e così suona lui gli strumenti.
Se noi orchestrali ci mettiamo a fare storie è un male, ma se noi siamo gli Stradivari e lui il virtuoso…; se lui conduce male è un suo problema, i fischi vanno a lui.
Mi chiesi, quindi, come potevo essere perfetto nel dargli la possibilità di lasciarmi esplodere suonando, era l’unico modo, essere “nessuno” ma disponibile.
A volte andava male, ma era a causa sua e, comunque, non mi sono mai distratto: la mia attenzione era sempre rivolta al direttore, sempre pronto per lui.
Tutti i musicisti dovrebbero porsi così.
In orchestra ci sono musicisti molto bravi, di alto livello, ma si mettono là a dimostrare le loro qualità al musicista che gli siede accanto! No non funziona così! Esprimete le vostre qualità durante un concerto per il pubblico venuto a sentirvi, e, quando tornate in orchestra, non c’è più la necessità di dimostrare qualcosa, l’avete già fatto suonando e non siete più frustrati.
Quando sono entrato all’Operà non ero frustrato ma ho incontrato questa mentalità e credimi ho cambiato l’atteggiamento di molte persone nei 15 anni che ho passato all’Operà di Parigi.
Tutte le volte che ci torno mi dicono che sentono la mia mancanza, non perché suonavo i soli ma per il mio atteggiamento.
Ero molto affettuoso con tutti perché amo lo strumento e poi l’Operà mi ha dato qualcosa che nient’altro mi aveva dato prima, il lirismo...fantastico! E poi, il jazz, l’improvvisazione... fantastica! Ogni genere di musica, araba, italiana, folk... Ognuna ti dona qualcosa, e più ne conosci, più sei ricco e meglio riesci ad esprimere te stesso.
Questa è la mia esperienza all’Operà di Parigi.

Per quale motivo la sua fama di didatta è maggiore negli USA che in in Europa?

Il mio metodo è il più utilizzato negli States oggi, poi viene il Billè, poi Nanny, poi altri. Questo perché tutti hanno trovato nel mio metodo la propria strada.
E’ un sistema logico, perché l’ho scoperto passo dopo passo, non perché sentivo la necessità di scrivere un metodo e quindi organizzare scale, arpeggi ecc… No, l’ho scritto perché raccoglievo le mie esperienze e le mie scoperte sul basso: questo aiuta perché il contrabbassista, come il violoncellista o il violinista - io insegno tutti gli archi -, deve capire chiaramente cosa sta facendo.
Gli americani non hanno quell’egocentrismo per cui dopo un po’ non vai più a lezione, no...
Il mio primo allievo aveva 42 anni, era il primo contrabbasso della sinfonica del Texas ed insegnante universitario: venne a lezione da me per imparare la nuova tecnica. Smise di lavorare per 6 mesi e venne a vivere qui per imparare qualcosa. Gli dissi che doveva essere un uomo molto forte per aver fatto quella scelta! Questo è il potere degli americani: sono curiosi, vogliono vedere cosa succede, capire cosa c’è di interessante e provarlo.
Ora lui è il migliore negli U.S.A. perché si è messo nella posizione di scoprire qualcosa e l’ha preso.
Anche qui in Europa il mio metodo è molto venduto, ma non come là: l’America è una nazione giovane, qui è più difficile rinnovarsi.
Ognuno di noi è unico, mai paragonarsi e quello che sai, lo saprai per sempre. Quando impari qualcosa, entra nel tuo corpo ma non puoi vivere solo con quello, se c’è qualcosa di nuovo prendilo e sarai più ricco. Qui è difficile comportarsi così, credimi!
Il giorno la mia morte tutti compreranno il mio metodo, credimi.
Questo è normale, è l’ego. Io l’ho buttato via quando avevo 13 anni è per questo che oggi sono qui.
Se lo avessi avuto ancora, sarei un uomo solo, perché ti chiude la mente: è come se il tuo prossimo non esistesse.
Il mio metodo... cose nuove che hanno aiutato molte persone…
Esistono pochi fantastici strumentisti che non hanno bisogno di aiuto nello studio, ma il 95% delle persone necessitano aiuto e pochi sanno come fare. Credimi, il metodo è buono.
Ogni allievo venuto da me, a qualsiasi livello, è progredito: mai nessuno è rimasto fermo. Oggi i miei studenti sono fra i migliori.
Credo che sia difficile “smuovere” l’Europa, ma sta succedendo! Anche in Germania, quelli che suonano coinl’arco alla tedesca vogliono cambiare: questo non mi piace, si dovrebbe suonare con entrambe le tecniche, io suggerisco di portare avanti sia la scuola francese che la tedesca, così saranno più ricchi di me... Io non conosco l'arco alla tedesca, ma lo so insegnare.

Come si pone rispetto alla diatriba tra arco tedesco ed arco francese?

Il mio arco è all’italiana, noi diciamo francese ma è italiano. Come quello alla russa, che i tedeschi dicono alla tedesca, così fanno i francesi con quello all’italiana.
C'è una differenza piuttosto grande: I movimenti, utilizzando la tecnica alla tedesca (o russa o barocca) sono più faticosi, perché la posizione costringe il braccio a non distendersi completamente.
Se hai le braccia corte (come ad esempio i giapponesi) come puoi suonare bene? Commetti un crimine se gli dai un arco tedesco. Ma, se hai le braccia lunghe, perché no?
Ad esempio come fai a tirare l’arco dritto sul ponte con le braccia corte? Sei costretto a piegare il braccio. Succede questo e tutti i colpi d’arco diventano inevitabilmente più faticosi . E’ tutto.
Non ci sono particolari differenze, è piuttosto una scelta, forse per certe sonorità in orchestra, e, comunque, guarda come stai seduto quando sei rilassato: è la posizione francese, è naturale, metti l’arco, distribuisci il peso ed è fatta.
Alla tedesca la mano tende a spostarsi verso l’interno hai quindi una continua pressione e per neutralizzarla devi aprire il pollice.. piccole differenze; quando insegno la tedesca e faccio aprire il pollice gli allievi sentono subito sollievo.
Nella francese è tutto più rilassato.
La posizione deve essere comoda, devi essere sempre in grado di controllarti e mai essere obbligato in posizioni innaturali.

E rispetto alle differenti scuole di diteggiatura?

Per me puoi suonare anche con i piedi…
Posso dirti che io uso l’1 (indice) 2 (medio) 4 (mignolo), quando sto sul manico.
L’anulare lo uso per il quarto di tono, non per il mezzo tono perché suono anche musica orientale con i quarti di tono perciò la mia mano è sempre divisa in quarti, in posizione chiusa, mai aperta.
Con il capotasto uso la posizione chiusa per evitare la tensione dell’indice che si crea nella posizione più aperta.
Comunque tutto è relativo alla musica che stai suonando, ci sono centinaia di possibilità, anche all’interno di una singola ottava puoi scegliere di stare in posizioni aperte o chiuse…dipende.
La nuova tecnica ha salvato molti musicisti, noi non abbiamo pregiudizi, tutto è logico, c’è sempre una motivazione dietro una scelta, non è comandata dall’imposizione tecnica di una scuola, fai quello che preferisci, suona pure pure con i piedi, basta che sia logico, giustifica le tue scelte.
Io spiego l’approccio in modo chiaro e preciso, senza pressioni.
Io non uso i muscoli per suonare e comunque ho il suono grosso, uso il peso del mio corpo, non ho bisogno di intervenire anche con i muscoli.
Stesso approccio per la sinistra.
Quando capisci questo puoi suonare per ore.
Se ho suonato fino a 75 è per questo, se avessi usato i muscoli mi sarei fermato prima, devo stare attento per il futuro…

Quali sono i vantaggi degli strumenti antichi?

Lo strumento più è vecchio più è asciutto, più fragile, si. Lo strumento, come il legno ha un’età: a circa 150 anni raggiunge il massimo della resa e poi decresce. Per l’arco direi 100 anni, ma ci puoi sempre suonare. Quando è nuovo devi aspettare almeno 15 anni per il suono; è il musicista stesso che fa il suono di un contrabbasso, non suona immediatamente da solo, ci vuole tempo.
E’ il musicista il responsabile. Sta a lui dare la vibrazione giusta allo strumento, se la vibrazione è brutta lo uccidi, ma con quella buona il legno reagisce ed impara perché ha una memoria, si asciuga si apre e così tu lo aiuti.
Il musicista crea lo strumento che il liutaio costruisce, e per creare uno strumento fantastico il costruttore deve essere molto molto bravo, nel mio caso…più lo suoni e più diventa bello.
Quello che me l’ha venduto mi disse che lo odiava, che ci aveva perso le audizioni, lo teneva nel garage... io dovevo fare un concerto, ed avevo bisogno di un contrabbasso; chiesi ad alcuni colleghi e così mi portarono questo contrabbasso, il proprietario lo odiava e io gli chiesi di darmelo.
Lo portai a casa, quel contrabbasso “urlava”, aveva un volume pazzesco ma “urlava”..
Ora suona benissimo, anche sul forte è fantastico... Quindi il musicista fa il suono del contrabbasso e così può anche rovinarlo.
Dipende dalla vibrazione che gli dai.

Quanti strumenti possiede? Quali usa?

Io possiedo due Quenoil, ho avuto anche un Bernardel, grande per le session, l’orchestra ma ho sempre suonato strumenti normali, sai con le “spalle” strette.
Anche qui bisognerebbe cambiare la mentalità, si pensa che uno strumento piccolo non abbia suono ma non è vero, se li abitui al suono, li aiuti a suonare di più.
Con uno strumento a spalle strette impari meglio a suonare, sulle scale, le parti acute. Non devi distruggere il tuo corpo quindi tutto deve essere ben settato; se non lo è, rompi gli equilibri, la postura, l’arco, la distribuzione del peso…è giusto teberlo come un violoncello, tante piccole cose comenqueste.
Ho due Quenoil e ho deciso di aiutare un liutaio moderno a farne la copia, perché questo strumento ha un perfetto equilibrio e aiuta il contrabbassista.
Sarà uno strumento fantastico, è ancora nuovo, per rendere il mio stupendo ci sono voluti degli anni: è del 1936, è più giovane di me... è vecchio, di quelli nuovi ne ho presi due per aiutarli a fare il suono, quelli che vengono a trovarmi mi dicono che sono sempre meglio, ogni anno di più, sono come bambini, crescono.

Suona tutti i tuoi strumenti?

Si, ma quasi sempre questo. A volte me li metto tutti intorno, li accordo e poi suono con questo davanti agli altri…armonici..wow...
Questa qua è gelosa, gli strumenti sono gelosi sai: se tu ora la tocchi e ci fai anche una sola nota io me ne accorgo…

Come è nata la collaborazione con il compositore e contrabbassista Frank Proto?

Lui mi conosceva. Mi chiesero di fare una master class a Cincinnati, lui mi conosceva per la mia prima registrazione, The Sound Bass, che aveva venduto molto in U.S.A.. Era innovativa all’epoca, era il 1962. Ho visto su internet che oggi vendono il vinile per $99…bah!!!
Quando fui a Cincinnati mi invitò a dormire a casa sua ed io accettai di andare a fargli visita. A casa sua vidi un suo disco, e mi accorsi che aveva lo stesso titolo del mio “Sound of bass”, così gli chiesi se me lo aveva rubato; comunque abbiamo avuto un fantastico contatto, io lo ammiravo molto.
Suonai alla master class per una settimana venne a sentirmi e mi disse che avrebbe voluto scrivere della musica per me ed accettai.
Quello fu l’inizio della nostra collaborazione che ancora va avanti: nell’ultimo DVD che abbiamo fatto, lui conduceva l’orchestra, lo abbiamo fatto a Lille, al festival Mozart, l’anno scorso. Ho suonato la sua musica, jazz, le variazioni di Paganini, ha scritto lui le mie variazioni, è sempre disponibile.

Quanto tempo è necessario dedicare allo studio dello strumento?

Due ore di scale per costruire i muscoli! Un'ora di musica su cui stai lavorando.
Dobbiamo specificare cosa vuol dire un'ora: puoi studiare una cosa per 15 minuti e per altri 15 un'altra, così avrai una giornata di studio composta da centinaia di “15 minuti”. Questo non funziona!
Quando vuoi allenarti devi costruire la resistenza che ti dà la velocità, non la tecnica, e per avere questo devi essere forte. E' come per un corridore che vuole fare i 100 mt.: non si allena solo correndo per 100 mt., ma lavora per due ore e più, ed io faccio la stessa cosa io con i miei muscoli, li alleno. Questo è molto importante! E poi suoni, tutte le diverse cose che hai bisogno di suonare ed arrivi a suonare per due ore senza mai fermarti! Questo lo devo dire, non fatelo subito! Dovete arrivarci gradualmente: è molto pericoloso e ci possono volere uno o due anni per ottenere due ore di studio continuo.
Segui questo ciclo per 6 anni; cambia la musica ma fai sempre gli esercizi per la resistenza per due ore, la lettura, mantieni i tuoi muscoli e le mani corrette, così ci sei .
La differenza sta tra il mantenere i nostri muscoli a posto e il fermarsi a controllare gli errori, se sbagli e vai avanti, continuerai a fare quell’errore tutta la tua vita; se stoni .. continuerai a stonare ..
Se ti soffermi a sistemare queste imperfezioni non interrompi il processo o il ritmo di studio.
Quando due ore dopo ti fermi senti il formicolio sotto il braccio sinistro, fantastico, 5 minuti di pausa e dopo cosa facciamo?
Hai 6 criteri, 3 nella mano sinistra e 3 in quella destra: nella sinistra la posizione, i movimenti e nell’altra dove appoggiare l’arco, in quale punto specifico per ogni nota, le legature e la velocità. Se anche uno solo di questi criteri non funziona, ci sono degli errori; se li risolvi è per sempre.
Io continuo ad allenarmi, ma tutte le volte che incontravo degli errori, li ho capiti e risolti per sempre.
Non spendo il mio tempo provando, io faccio!!!
In questo caso non è provare a fare, è fare, con i tuoi movimenti; la cosa più pretenziosa è .. provare..
È come giustificarsi prima di fare: così se non riesci puoi semplicemente dire che stavi provando perché hai forse paura di suonare fuori tonalità? Perché?
Se non provi ma fai hai successo e vai avanti, perché tutto appare diverso nella tua mente.
Io provo a parlare inglese; me ne frego, non lo so come si parla ma parlo comunque e questo è l’approccio migliore.
Gli inglesi lo sanno che tu non sei inglese ma comunque capiscono lo sforzo che stai facendo.
Voilà!!!

Quali sono i giovani contrabbassisti che godono della sua stima?

Onestamente a me piacciono tutti i contrabbassisti, perché suonano il mio strumento.
La qualità del contrabbassista è l’umiltà e capire le qualità degli altri bassisti, se un bassista è fantastico ma comunque umile sarà sempre superiore, sicuramente più di quelli pretenziosi.. credimi se non sei umile non arrivi ad essere un vero musicista.
Tecnicamente nessuno impressiona più, puoi essere perfetto e puoi piacere ma la gente ti dimentica, ma se suoni anche una singola nota e arrivi alle persone, queste piangeranno e non ti dimenticheranno mai, questo è il musicista.
Un'altra qualità è essere s stessi... perché noi cerchiamo di essere migliori dei nostri colleghi e questo è sbagliato… ma chi può dire che tu sei meglio di un altro?

Quali progetti ha in cantiere?

Sai che ho fatto il DVD The Art of the Bow; ho appena finito , ed è uscito giusto ieri il Cd del concerto a Lille; sto finendo il IV libro di variazioni con due violini, a questi non hanno allegato il DVD perché non affronto l’interpretazione. Certe volte, quando scrivo uno studio, mi aspetto che debba essere suonato in modo musicale, non al mio modo; non sopporto che qualcuno imiti le mie interpretazioni perché sono molto attento con le personalità, non voglio creare delle “scimmie”, le personalità degli studenti vanno rispettate, sono importantissime.
Amo i contrabbassisti, la mia grande famiglia; te l’ho detto che non morirò mai solo!

Un nuovo tipo di puntale

Qualsiasi tipo di set utilizzo è in divenire perché continuo a scoprirne le possibilità.
Un giorno “Grounat” - è un liutaio - venne qui con Thomas Martin, perché voleva fare una copia del mio contrabbasso, il Quenoit. Venne qui con la copia; aveva messo delle meccaniche pessime, lo presi e gli dissi che era troppo pesante.. non riuscivo nemmeno a suonarlo nella posizione che preferisco ( tipo violoncello).
Quindi ci sedemmo qui e provammo a cercare una soluzione, e suggerii di cambiare l’”engar”, sembrava logico, lo avremmo alleggerito.
Infatti funzionò, anche il suono era cambiato. Era raddoppiato, liberato... lo provai con il mio e lo adottai.
Dopo un certo periodo il mio primo allievo venne con un puntale molto grosso, perché era un ragazzo alto e pensava che per bilanciare meglio l’equilibrio con il suo strumento necessitasse di un puntale grosso e robusto in metallo pesante... spese un sacco di soldi!!! Insomma lo portò qua e io lo provai, ma non c’era più suono. Tolsi il puntale e provai a suonare senza niente, ecco il suono liberato; da qui l' idea di mettere semplicemente un puntale senza metallo, è la cosa migliore.

Come poter studiare con lei?

Tutti hanno la possibilità di studiare con me e io sono sempre aperto; può essere costoso, ma io credo che per capire questa tecnica bisogna vederla, farsi un’idea.
Quello che succede quando si apre il libro e si guarda la diteggiatura è che alcune persone non capiscono perché ho fatto questa scelta, se poi non hanno una buona posizione mano sinistra, non riescono ad eseguirla.
Ma quando lo spiego, ad esempio quando spiego il granchio, allora riesco a far capire meglio la posizione corretta della mano sinistra, e quindi tutto risulta più evidente che soltanto attraverso il metodo.
Fortunatamente oggi ci sono docenti ovunque negli States che insegnano il mio metodo e lo conoscono bene e comunque si può venire anche da me... costa quello che costa, ma potete venire e io vi prenderò a lezione...

Quale importanza dà all'atto improvvisativo?

E’ tanto importante: l’improvvisazione è la strada che ti permette di essere un compositore.
Non ero un compositore e non ho mai pensato di esserlo, però ero un improvvisatore e piano piano ho iniziato a comporre.
Credimi, ogni cosa che ho scritto è stata suonata ed ha funzionato.
Senti: se vuoi essere un musicista completo, devi suonare tutti i generi di musica e comporre. L’improvvisazione è composizione estemporanea; è difficile, ma va fatta.
Per questo Menuhin cerca di suonare con Grappelli; vuole improvvisare, ma lui fa solo scale e arpeggi perché non ha mai praticato l’improvvisazione, questo non è un bene.
Quando suonavo jazz all’inizio, improvvisavo ad orecchio facendo piccoli passo alla volta, e quando facevo musica classica e suonavo le cadenze suonavo le mie piuttosto che quelle del Bottesini, perché è giusto così. Quelli sono i punti di improvvisazione nella musica classica.
Sai c’è la musica bella e la musica brutta, tutto qua. Ogni genere è importante, nessuna è migliore dell’altra..ognuna di queste va suonata con i “guanti”.
Può succedere che una musica bellissima possa non sposarsi con il tuo approccio e magari tu non la senti: meglio se la lasci suonare a qualcun altro, e non provare ansia per questo, arriverà il giorno in cui la scoprirai e riuscirai a suonarle perché ci vuole tempo per assorbire la musica.
Ci sono musiche meravigliose, nel jazz, nella classica.. Gershwin… Alcune melodie semplicissime fatte anche di tre semplici note..

Saluti

Non conosco la rivista per cui sto facendo l’intervista ma mi piacerebbe leggerla. Con tutto il mio cuore vi auguro di diventare popolari, di informare tutti sulle novità, in Italia, nel mondo... credo che sia arrivato il tempo di condividere quello che sappiamo fra di noi.

Intervista realizzata da Guido Zorn - trad. Silvia Bolognesi