Valutazione dello stato di conservazione dello strumento anticoGentili lettori, felice di questa nuova iniziativa editoriale promossa dal M.° Bocini, unica in ambito nazionale e con le potenzialità per poter diventare uno strumento ed un punto d'incontro di respiro internazionale, ho deciso di mettere a disposizione la mia esperienza trentennale di liutaio, riconosciuta ed apprezzata in tutto il mondo, per poter affrontare quelle che sono le problematiche specifiche dello strumento, cercando di fornire degli stimoli per una nuova prospettiva scientifica, libera da vincoli e reticenze che nel passato hanno sottratto lo spazio dovuto al nostro, assoggettato al potere e fascino di strumenti più noti. Alcuni argomenti potrebbero da soli riempire libri e sono frutto di ricerche personali, ma il fine che mi prefiggo non è solo quello di fornire una manualistica dettagliata, ma piuttosto consigli pratici e stimoli validi per un corretto approccio alla scienza liuteristica del contrabbasso moderno. Il primo argomento che andrò a trattare è la valutazione dello stato di conservazione di uno strumento antico. Prima di tutto bisogna premettere che un contrabbasso antico è uno strumento costruito, appunto, in un'altra epoca, con finalità e metodi di valutazione completamente diversi. In effetti è solo dopo il grande exploit della scuola italiana ottocentesca che il contrabbasso assume una funzione virtuosistica ben precisa, che costringe i costruttori ad una ricerca di forma più agevole e meno vincolata alla tradizione violinistica. A titolo esemplificativo, si ricordi la quasi totale impraticabilità dei manici antichi che non presentavano un rapporto preciso con la cassa armonica, concepiti spesso per tre corde di budello e forme in continuo cambiamento. In ogni caso, non si registra una vera regolarizzazione delle dimensioni fino agli inizi del secolo scorso, con l'avvento del contrabbasso moderno e di scuole liutaie specializzate. D'altro canto gli strumenti antichi venivano concepiti in ambienti sonori completamente diversi dalla moderna società post-industriale in cui viviamo, dominata da una maggiore presenza di fonti sonore elevate, e da una quantità minima costante di rumore di fondo, con conseguente abbassamento della soglia di udibilità media. Mentre infatti oggi è importante considerare la potenza dello strumento, per ovviare a carenze auditive dei soggetti riceventi, nel passato la ricerca, non avendo necessità particolari di volume, era tutta incentrata sull'aspetto timbrico, che costituisce l'assoluta unicità e caratteristica distintiva tra il contrabbasso antico e quello moderno. A testimonianza di questa tesi basti pensare allo spessore delle tavole utilizzate per la costruzione, assolutamente più alte rispetto alle moderne, con conseguente perdita di potenza acustica - ma anche con maggiori possibilità di sopravvivenza nel tempo -, tant'è che talvolta alcuni liutai per recuperarne l'efficacia usano assottigliare parte. Proprio per questa peculiarità timbrica, è necessario che si consideri come obiettivo principale, nella valutazione conservativa, l'incidenza di eventuali danni su questo aspetto così preponderante e distintivo dello strumento antico. I principali fattori di valutazione dello stato di conservazione sono:
Innanzitutto la prima cosa da valutare è se la vernice si presenta al suo stato originale, ed in tal caso ha maggiore valore se mostra un alto grado d'ossidazione, od è stata in parte ritoccata da restauri posteriori, fattore verificabile tramite l'utilizzo della cosiddetta lampada di Wood, che mostra eventuali ritocchi operati posteriormente alla costruzione dello strumento (FOTO). Una volta ovviamente non esisteva vernice sintetica, e veniva usata esclusivamente quella naturale, ottenuta dalla mescolanza di diverse resine, che ne esaltavano le proprietà di elasticità ed impermeabilità. La vernice ha un ruolo fondamentale nell'economia dello strumento, poiché presiede alla protezione del materiale ligneo, isolando i canali resinosi - quei canali che presiedono alla trasmissione della linfa all'interno delle piante -, evitando così, da una parte, che possano usufruirne agenti esterni, dall'altra, contribuisce, per mezzo della propria elasticità, ad una corretta distribuzione delle vibrazioni sonore dello strumento, influenzando notevolmente il timbro dello stesso. Un secondo fattore sono le crepe, ed in particolare la posizione dove occorrono; in generale si può dire che, se sono da considerarsi ininfluenti crepe poste sulle fasce o sulle parti laterali della tavola armonica, o ancora sul fondo, costituiscono un danno difficilmente riparabile - e comunque mai al 100% - spaccature della tavola armonica nella parte centrale, in particolare alla base dei piedi del ponte od in prossimità dell'anima o della catena, che costituiscono i punti di trasmissione delle vibrazioni verso l'interno; o peggio ancora presso il fondo in corrispondenza dell'anima, il fulcro centrale di risposta della vibrazione e di rimando verso le f. Questa tipologia di danno compromette proprio il meccanismo stesso di trasmissione del suono, con conseguente perdita totale delle caratteristiche originali. Qualsiasi riparazione andrebbe in qualche modo a snaturare l'indole dello strumento, facendone perdere anche il significato di un restauro efficace. I tarli sono uno dei mali più grandi per il contrabbasso, strumento tra quelli ad arco più soggetto a questo fenomeno, date le notevoli dimensioni e la difficoltà di sistemazione in custodie rigide ben protette! Esistono dei legni utilizzati in liuteria che per la loro durezza sono comunque meno esposti ad esso, e garantiscono una maggiore resistenza. I più ricercati sono d'abete, in particolar modo quello della Val di Fiemme, che presentano doti di resistenza superiori e sono caratterizzati da fibre molto regolari e altissima velocità di trasmissione delle onde sonore grazie alla cresita dell'albero in un microclima ideale, o d'acero dei Balcani, dotato di ottima resistenza, elasticità e di splendide marezzature profonde che ne contraddistinguono l'estetica. Questi legni hanno un periodo di crescita lenta ed una conseguente venatura - quei cerchi concentrici che comunemente indicano l'età degli alberi - molto fitta, che esalta le proprietà timbriche acute, nonché canali resinosi, maggiori propagatori di vibrazioni, assai frequenti. Nella consuetudine, a motivo sia di una necessità di materiale ligneo con venature più larghe, che produce un suono più profondo e grave, sia di piante di grandi dimensioni, il contrabbasso è stato, nei tempi, costruito anche con altri materiali, più dolci e morbidi, quali pioppi, noce, pero, ciliegio o salice, che, in realtà risultano essere i più amati e frequentati da tarli ed affini, anche se, alcuni di questi strumenti, vuoi per un ottimo stato di verniciatura che ha evitato l'infiltrarsi di agenti esterni, vuoi per la cura e dedizione dei proprietari, che hanno provveduto ad una maggiore attenzione sullo strumento, ci sono giunti in perfetto stato e fattura. Praticamente ininfluenti al fine di una valutazione, sono quegli elementi meccanici o diversi dalla tavola quali manico e catena armonica in particolare - in effetti, a proposito è importante notare che originariamente questi strumenti venivano costruiti per tre corde di budello che comportavano una pressione minore sulla catena armonica rispetto alle moderne quattro corde in metallo, con conseguente necessità di sostituire questa con una strutturalmente più resistente -, che, non solo non influiscono direttamente sulle qualità acustiche, ma talvolta, come già detto in precedenza, presentano imprecisioni e forme poco consone allo strumento moderno, cosicché è consuetudine sostituirli con nuove parti. Concludendo, è importante ricordare, che, una volta verificata l'incidenza dei fattori sopra citati, non bisogna dimenticare che l'acquisto di uno strumento d'epoca non deve essere dettato da esigenze estetiche o sociali, ma piuttosto dalla necessità di sonorità timbriche ed acustiche particolari, che se, di fatto, non costituiscono dote originale dello strumento, per quanto ben conservato, non acquista affatto maggiore valore, anzi... Sergio Scaramelli |