A spasso con il Mototrabbasso...


Quando incontrai Lullo Mosso per la prima volta ero un giovane laureato al Dams di Bologna, con una imprecisata identità musicale, frutto di diverse e divergenti esperienze formative, ed una gran voglia di capire come poter affrontare quell’immenso strumento che è il contrabbasso, senza doverne subire intimidazioni e reverenze . Lullo si può dire che fu il mio primo grande insegnante: con lui capii che cosa voleva dire essere un musicista, con lui per la prima volta percepii che cosa era che mi aveva spinto negli anni a fare scelte di vita estreme, per poter, un giorno, chissà, esprimere le mie proprie idee attraverso quel magico strumento. Allora compresi, nel bene o nel male, quale era la strada, e con l’entusiasmo che mi aveva saputo trasmettere, continuai per il mio cammino.
Rivederlo ora, dopo qualche anno, sotto una veste differente, non più quella dell’insegnante, ma dell’attore-musicista, è stato per me un fattore di riflessione notevole, a riguardo della grandezza e della coerenza di questo antiprotagonista per eccellenza, capace, nonostante un curriculum eccezionale, di mettersi sempre in gioco, alla continua ricerca di un approfondimento linguistico e comunicativo.
Luigi “Lullo” Mosso è stato, sul campo, protagonista in prima persona della stagione del free jazz europeo: le note biografiche e le produzioni discografiche parlano di innumerevoli collaborazioni illustri, da Steve Lacy a Tristan Hossinger, da Barrè Philips a Bennink, passando per Percy Heath, Calliri, Rava, Urbani, ecc. La sua partecipazione al progetto Basse Sfere è nota, come la recente collaborazione con il progetto “Corleone” del trombettista siciliano Roy Paci. Pochi sanno però che, da anni, Lullo ha intrapreso una parallela carriera teatrale, cominciata con la collaborazione in qualità di musicista di scena con lo spettacolo “Esercizi di stile” di Disegni e Caviglia, un’esperienza che lo ha profondamente colpito, ponendolo di fronte sia alle problematiche di un linguaggio semioticamente diverso, sia di fronte alla pratica della necessaria interazione mimica e scenica con il pubblico, della quale già aveva avuto modo di riflettere durante la collaborazione con il batterista olandese Bennink, le cui esecuzioni sono notoriamente caratterizzate da iniziative quasi cabarettistiche, volte al coinvolgimento dell’intera platea all’evento musicale.
La somma di tutte queste esperienze, musicali e teatrali, culmina quindi nello spettacolo “Il Mototrabbasso”. Il Mototrabbasso è, sia una sorta di moto a forma di contrabbasso che viaggia per il mondo guidato dal suo conducente musicale, sia un contrabbasso a forma di moto che si nutre delle musiche che ascolta nel suo itinerante errare. Una specie di registratore viaggiante, che assimila incessantemente le storie musicali che via via conosce; una metaforica rappresentazione dell’anima stessa del suo musicista-conducente, che ha fatto, nella sua carriera, della flessibilità e della diversità delle esperienze intraprese - dal free jazz al rock, alla musica popolare, al teatro - la sua forza e particolarità, ma anche lo specchio della stessa società che assiste alla rappresentazione, riflesso inconscio della multietnicità e delle diversità sociali e contingenti. Ed ecco allora che a ruota si susseguono personaggi, stilemi, dialetti e linguaggi sonori differenti, modellati a misura, nell’atto improvvisativo, sulla micro-società che assiste, partecipa, viene e si sente coinvolta in questo viaggio ideale intorno al cosmo: si parte dall’Africa sahariana per andare poi negli States, dove riecheggia un blues alla Tom Waits, proseguendo per la Francia e la sua chanson popular, per la Germania, dove la comica interpretazione di un goffo ed austero teutonico riecheggia nei suoni della scuola dodecafonica, ed in particolare nelle citazioni del “Wozzeck” di Berg; il Brasile grazie al ritmo del contrabbasso-Birimbao che ripropone i suoni della fauna amazzonica. Poi ancora gli States con il jazz e l’Hip Hop, l’Estremo Oriente, l’India dove il pubblico è coinvolto in una improbabile e difficile partecipazione al catartico solfeggio autoctono, e poi Cuba, Russia, ed, infine, idealmente, di nuovo in Africa, dove il nostro Mototrabbassista ci coinvolge in una preghiera allo spietato dio locale, che fulmina chiunque compia qualsiasi malefatta. E tra il semiserio ed il comico, tra un sussulto ed una risata, ecco che il pubblico si trova a partecipare ed a cantare quelle melodie che fanno da sfondo alla società multietnica in cui viviamo, sorpassando così in maniera semplice e spontanea quelle barriere ideologiche e pre-concettuali che nella vita quotidiana ci dividono. Cosicché il mototrabbasso, ricaricato dell’ascolto attento del pubblico, a sua volta restituito alla sua polidimensionale ricchezza culturale e sociale, può ripartire per il suo lungo viaggio, alla scoperta di nuove terre, nuove musiche e nuove piazze. E se ne sentirete da lontano il suono inconfondibile del motore, andate ad ascoltare che cosa ha da raccontare quest’artista vero, sincero e genuino...

Riccardo Valsecchi