Appunti di Musicologia

Una questione di "scuola"

Questo articolo oltre a trattare di un argomento su cui si specula molto in ambito contrabbassistico-musicologico vuole essere anche un invito alla lettura del mio nuovo libro: Il Metodo per Contrabasso di Giovanni Bottesini: una questione di ‘scuola. Si tratta in realtà di uno studio che nasce da ricerche condotte in occasione della mia tesi di laurea dove il tanto abusato concetto di ‘scuola’ si incontra per la prima volta in assoluto con realtà legate ad ambiti geografici ma soprattutto a metodi cartacei. Una relazione di cui tanto si parla ma troppo spesso ancora con poca cognizione; una corrispondenza, quella tra metodi e scuole, mai affrontata con spirito indagatore in ambiente contrabbassistico. A dispetto del titolo il libro non è esclusivamente centrato sul Metodo per contrabbasso, scritto dal grande virtuoso, ma, con l’occasione di dover collocare quest’ultimo geograficamente e temporalmente, motivarlo editorialmente e didatticamente, induce, per inevitabile confronto, ad affrontare le metodologie didattiche coeve che si esplicano mediante l’analisi storica e dettagliata delle realtà contrabbassistiche dell’Italia dell’Ottocento.

Lo ‘snodo’: in principio era… il Metodo?

Sulla figura di Giovanni Bottesini è stato scritto ormai di tutto pertanto nel libro non mi sono soffermata ad affrontare quegli aspetti della sua vita già più volte nel corso degli studi e degli anni ribaditi. Se riflettiamo un momento però ci accorgiamo che in realtà un aspetto non è stato mai preso in considerazione almeno in maniera ‘formale’ se escludiamo come unica eccezione l’intervento che Thomas Martin fece, in coincidenza di un convegno di studi organizzato a Parma nel 1989 (in occasione del centenario dalla morte del grande contrabbassista), sul Bottesini ‘didatta’. Infatti prima ancora che del suo Metodo è opportuno affrontare tale discorso e ripercorrere le tappe a ritroso ovvero risalire al Bottesini ‘studente’.
La figura del ‘didatta’ non è mai stata associata al virtuoso “a buona ragione” dato che egli non esercitò mai la professione di insegnante durante la sua carriera (non risultano da atti ufficiali nomi di allievi legati al ‘maestro’ Bottesini). Questo è un aspetto che colpisce chi si trova ad affrontare uno studio su un metodo per strumento specie di quegli anni. Infatti ai tempi di Bottesini era prassi esclusiva degli insegnanti di compilare un metodo didattico principalmente (a volte esclusivamente) per i propri allievi, per offrire loro un riferimento ausiliario funzionale che esplicasse i contenuti affrontati nelle lezioni e soprattutto offrisse esercizi mirati al raggiungimento di determinati obiettivi. Tutto questo poteva accadere o per naturale inclinazione del maestro o, molto più spesso, perché imposto dal regolamento del conservatorio presso cui tali docenti insegnavano. Se Bottesini scrisse un metodo in un periodo in cui la suddetta vigeva come ‘regola’ (e consideriamo che il suo Metodo si annovera tra i primi cinque scritti nella storia del contrabbasso) capiamo bene che i motivi della sua stesura sono da ricercare altrove.
Proprio i motivi alla base della genesi di tale metodo portano ad una grande scoperta relativa ad una nuova ‘scuola’ che potrebbe rivelarsi fondamentale per risalire alle radici di una ‘moderna pratica contrabbassistica’.
Appurato che Bottesini si mostrò da subito reticente a scrivere un metodo per motivi di ‘immagine’, dato che era un compito relegato a ‘semplici’ insegnanti e lui invece era un grande direttore d’orchestra (così voleva essere ricordato), scopriamo che fu Tito Ricordi a insistere tanto affinché si pubblicasse un metodo con il nome di Bottesini per fare concorrenza al coevo Metodo per contrabbasso d’Orchestra scritto da Luigi Rossi e da Giorgio Anglois, contrabbassista della corte di Vittorio Emanuele (grande rivale del “domatore di contrabbassi”), metodo che segna la vera svolta nel campo dell’editoria di argomento didattico legata ovviamente allo strumento in questione.
I retroscena alla base della nascita del Metodo di Bottesini non devono però togliere valore a tale lavoro che anzi assume una posizione per noi di gran rilievo per lo studio della tanto nominata ‘scuola milanese’. Il vero ‘valore’ del metodo però viene fuori soprattutto se confrontato con la letteratura didattica coeva ovvero se ogni sua parte viene accostata non solo dal punto di vista contenutistico ma anche formale ad altri importanti metodi: il già citato Rossi-Anglois, che scopriremo rappresentativo di una ‘nuova scuola’ e la “nuova maniera di digitare” secondo il ‘metodo’ di Bonifazio Asioli.
Tra tutti i metodi citati, quest’ultimo è senza dubbio il più interessante: in esso Asioli descrive, pur non essendo contrabbassista, una moderna pratica contrabbassistica così all’avanguardia per quei tempi tanto da non esser stata presa in considerazione ma per di più aspramente criticata. Oggi gli elementi per una nuova maniera di digitare di Bonifazio Asioli sono alla base dalla moderna “scuola” di contrabbasso. Dall’analisi del primo metodo per contrabbasso comparso in Italia scopriamo chi fu il vero precursore della “nuova maniera di digitare”.
Attraverso lo studio e l’analisi di questi importanti ‘trattati’ è stato così possibile ricostruire un discorso legato alle realtà scolastiche italiane di metà Ottocento. Si tratta di un discorso che è centrale nel libro, tutt’oggi valido, e che riguarda il concetto di ‘scuola’.
Il fatto che ogni ‘metodo’ contenga al suo interno il segno di una precisa ‘scuola’ in quanto rappresenta idealmente e simbolicamente ciò che l’autore comunica oralmente ai propri allievi durante una lezione pratica di strumento deve diventare un concetto inequivocabile e sempre presente nella mente di un buon musicista. Ciò che l’insegnante trasmette è frutto di ciò che a sua volta gli è stato tramandato dal proprio insegnante, filtrato, rielaborato e risultato da medesima pratica. Se identifichiamo tale processo di trasmissione orale insegnante-alunno-insegnante con il concetto di ‘scuola’ e accettiamo il concetto di ‘metodo’ come stesura scritta di pratica strumentale è possibile così in ogni ‘metodo’ rintracciare il segno di una precisa scuola.
Da qui l’importanza di discorsi relativi principalmente alle diteggiature, alle arcate da seguire fedelmente così come scritte (almeno da studenti) dai propri insegnanti, all’impugnatura dell’arco, alla postura e a tutti gli altri elementi peculiari e indicativi di scuole diverse.
Da qui l’importanza di conoscere antiche scuole, antiche pratiche strumentali e antichi sistemi di diteggiature attraverso l’analisi di superati ma paradossalmente moderni e attuali metodi per contrabbasso.

Silvia Mattei

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